L’odore dei limoni (primo motivo).


Ho sognato di essere morto. Mi chiedo che cosa succeda, durante la transizione: un momento esisti, un momento dopo non esisti più. Come si fa ad essere consapevoli di non esistere? O meglio, come si fa a non essere consapevoli affatto, si avverte l’ultimo secondo e poi l’oblio? Questo il mio sogno non lo spiegava. È come addormentarsi? Il problema è che non ti svegli più. Che cosa percepisci, che cosa senti, che cosa odori? Durante il passaggio, che cosa si prova? Se davvero è come addormentarsi, allora è semplicemente uno spegnersi improvviso, senza accorgersene. Una mano che copre gli occhi. Una mano che si allunga verso l’interruttore della luce. Una mano premuta sulla bocca. Il cervello ne ha il sentore? Lo prevede e forse ci infonde l’ultimo guizzo di vita. Si tratterebbe del famoso miglioramento pre mortem: un fantasma che aleggia nei racconti degli ultimi istanti di vita di qualcuno, specialmente se si tratta di persone anziane. Chi non ne ha sentito parlare o non ne è venuto a conoscenza? La calma innaturale prima della tempesta. La pausa prima di un salto. Lo spicchio del sole prima che si sgretoli dietro l’orizzonte. E dopo, la rassegnazione. Il corpo si rassegna a morire e il respiro si fa affannoso. E se uno non volesse? Non può fare altro che smettere di combattere. Aspettare. Arrendersi.

Accettare.

Sono terrorizzato dalla morte. Soprattutto, ho paura del momento. Della transizione. Del secondo spaccato in due che divide la presenza dalla scomparsa su questa Terra. Di quello che succede. Ho capito di essere troppo attaccato alla vita per poterla lasciare. Troppo attaccato ai secondi che la mia mente può contare. Non voglio che arrivi il mio ultimo secondo e che si allontani come una foglia nel vento, lasciandosi dietro un corpo vuoto. Non mi basta una vita per essere felice, né per essere soddisfatto di ciò che ho fatto. Non voglio scivolare via, non voglio smettere di essere. Non voglio, e ho paura.

Ho sognato di essere morto. Di una morte cinematografica, spettacolare, da eroe. Non ricordo come, ma è uno di quei momenti che nei film vedi al rallentatore con un silenzio adrenalinico di sottofondo o al massimo i battiti di un cuore. Poi parte una musica straziante, prendendo avvio dalle note di un pianoforte. Si piange. Volti deturpati dal dolore. Non ho sognato il funerale né quante persone sarebbero venute, ho sognato il dopo. Ho sognato i ricordi, le persone che vanno avanti. Il peggio è per chi resta, non per chi se ne va. Ripenso a Ugo Foscolo e alla sua poesia eternatrice; è bello credere che un po’ si continua a vivere dopo la morte nei ricordi delle persone care, nella loro voce e nei loro pensieri. Una dolce illusione, una piccola speranza. La trascendenza dell’anima nel mondo delle idee degli altri.

Ho sognato di essere morto, ma di continuare a essere. Uno spirito errante, privo di materia ma provvisto dei cinque sensi. Era tutto un frutto della mia mente, perché provavo a pizzicarmi il braccio ma non sentivo nulla. « Sto sicuramente sognando. » dirlo ad alta voce me ne dava la certezza. Chi ha stabilito che dobbiamo morire? Chi l’ha deciso? Perché accade? Che stronzata è che la vita si apprezza soltanto perché limitata, che c’è un inizio e una fine perché è così che funziona, che è il ciclo biologico? L’immortalità non può essere apprezzata a sua volta? Quando penso alla morte, mi sale l’angoscia. Non che sia un mio pensiero quotidiano, ma quando succede la giovinezza perde di significato e morire a 90 anni potrebbe voler dire morire domani. Read More