The end.


🇮🇹 Salve a tutti. 8 Gennaio 2024: è oggi la data dell’ultimo post in assoluto su questo blog.

Che cos’è successo in questi ultimi due anni? Mi sono specializzato e ho ottenuto il diploma di Anestesista-rianimatore. Ho lottato contro la depressione, e contro l’ansia. Ho avuto settimane in cui non mi sono alzato dal letto se non per fare pipì, e non mi sono fatto nemmeno una doccia. Ho fatto qualche viaggio e mi sono sentito privilegiato a poter visitare posti fantastici. Ho deciso di lasciare il paese dove mi ero trasferito per ritornare in Italia. Ho capito che non ho assolutamente idea di che cosa voglia fare nella vita, e anche di che cosa voglia fare della mia vita. Ho detto addio, strappando di netto lembi di pelle, e ho salutato con modi più gentili, sperando di socchiudere alcune porte. Sono stato aiutato e supportato da persone meravigliose, e ho cercato di disintossicarmi dai semi di egoismo. Sono stato preso al volo, e ho provato a ricambiare restando a galla invece che lasciandomi travolgere dalle onde.

È stata un’avventura pazzesca. Auguro delle avventure così anche a voi.

Rimarrò attivo su Instagram, dove pubblicherò ogni tanto dei testi brevi (lascio qui sotto il link).

https://www.instagram.com/cercatoredifav/

Per il resto, il blog del Cercatore chiude qui. Grazie a chiunque abbia speso un minuto per leggere le mie parole, a chiunque abbia voluto arrivare fino in fondo. Siate sempre forti e coraggiosi.

D (Cercatoredifavole)

🇺🇸 Hello everyone. January 8, 2024: today is the date of the last post on this blog.

What has happened in the last two years? I specialized and obtained the diploma as anesthesiologist. I have struggled with depression and anxiety. I had weeks where I didn’t get out of bed except for going to the toilet, and I didn’t even take a shower. I traveled sometimes and felt privileged to be able to visit amazing places. Then decided to leave Belgium to return to Italy. I realized that I have absolutely no idea what I wanna do with my life. I said goodbye, tearing off pieces of skin, and said goodbye in a kinder manner, hoping to keep some doors open. I have been helped and supported by wonderful people, and I have tried to detoxify myself from the seeds of selfishness. I was taken and held, and I tried to reciprocate by staying afloat rather than letting myself be overwhelmed by the waves.

It was a crazy adventure. I wish adventures like this to you too, guys.

I will remain active on Instagram, where I will occasionally publish short texts (link here below).

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For the rest, the blog ends here. Thanks to anyone who took a minute to read my words, to anyone who wanted to get to the finale. Always be brave, and strong.

D (Cercatoredifavole)

👉Soundtrack “Spanish Sahara” – Foals

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Un po’ anche il mio.


Foto VitalikRadko

Non sono poi così tante le storie che finiscono bene. A volte in terapia intensiva si hanno dei miglioramenti prodigiosi e i pazienti lasciano il reparto con la promessa di una vita dignitosa. Altre volte, le cose non vanno per niente bene. Vanno decisamente male e non c’è nulla che possiamo fare per guarire un corpo sfinito. Non c’è una medicina, una sacca, una pillola o una puntura che possa rimettere in moto un essere umano che si spegne. Ogni giorno ci confrontiamo con esistenze in bilico e con il fatto che la medicina non sia una scienza esatta, né una pozione magica e nemmeno un martirio per chi annaspa nella professione come medico o come paziente.

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Con gli occhi.


[Ita] Un anno strano. Diverso e distante dagli altri perché eravamo noi ad essere diversi e distanti. Ho imparato ad allontanarmi con i pensieri e con i passi. Ho imparato a sentirmi da solo. A sentirmi. A sentire. Ho imparato nuovi modi per avvicinarmi e avvicinare. Ho dimenticato cosa vuol dire corrersi incontro, ma le persone le ho strette comunque. Le ho strette a me, cucendo addosso le mancanze e gli spazi riempiti di gesti a distanza. Ho imparato ad abbracciare con gli occhi e a fare l’amore con le parole. Ho dovuto infondere in uno sguardo tutto ciò che non ho potuto dire quando una mascherina mi tappava la bocca. Così ho guardato, fissato, pianto, ammirato. Ho guardato tutto l’amore che ci può essere nonostante le avversità. Ho visto che l’amore ci salva, ho visto l’amore che ci salva, anche in un deserto devastato dalla malattia, anche attraverso uno schermo, perché è questo quello che fanno le persone. Le nostre persone. Ci salvano e ci tirano su, in un mondo pieno di disperazione.

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Above all else, be kind.


Eccolo là. Uno starnuto, non so da dove provenga, ma l’ho sentito forte e chiaro. Mi si rizzano i peli sul collo, comincio a pensare a quale velocità viaggiano le goccioline di saliva nell’aria. Vengono sparate in tutte le direzioni, giusto? Oddio, non c’era una formula per calcolare l’angolo di pendenza, la frazione delle rette proporzionali moltiplicata per gli asintoti e divisa per la radice quadrata della costante di flusso invertito? Mi premo la mascherina sul naso fino a scavarmi una fossa in mezzo agli occhi e poi mi tiro su anche la sciarpa gialla fino a solleticarmi le ciglia. Con la coda dell’occhio noto qualche pelo bianco e nero del mio gatto che probabilmente aveva deciso di usare la sciarpa come toeletta personale. Poco male, siamo alle prese con una pandemia, io ho il batticuore, oh cielo, qui in sala d’attesa ci sono così tante persone e io già sento caldo. Sarà la febbre? Sicuramente mi sta salendo la temperatura, ecco, ora cos’è questo prurito dietro la lingua? Aspetta devo schiarirmi la gola, ahia che dolore, ora ho pure il mal di gola. E gli odori? Li sento gli odori? Provo ad alitare dentro la mascherina e sento la zaffata del caffè di stamattina, aspetta ma me lo sto immaginando? Ma il caffè stamattina l’ho bevuto o no? Comincio a perdere la memoria, lo sento, questo è il primo sintomo, non ricordarsi più le cose. Vuol dire che sono infetto, me lo sono preso. San Gennaro aiutami tu. Con la mano mi tasto la fronte, è bollente. Ecco, ho la febbre! Quello seduto a tre sedie di distanza ha pochi ciuffi di capelli bianchi e molte rughe sul viso, d’un tratto accavalla le gambe e inclina il busto leggermente nella mia direzione, per la miseria ma cosa fai? Non vedi che siamo nel bel mezzo dell’emergenza? Questo tuo spostamento d’aria può diffondere l’infezione, sai adesso quante particelle sono state sparate tutt’intorno? E poi questi stranieri, che portano il virus e lo diffondono a macchia d’olio, rifugiandosi in altri paesi. Ma la lingua la imparano? Io sto male, devo essere curato, ho ancora tutta la vita davanti a me, il nonno con le gambe accavallate ha già vissuto quello che doveva vivere. Il cuore mi batte all’impazzata, sto per avere un infarto, lo so, perché sono stato contagiato. Dalle barelle piene di anziani che ho visto in corridoio. Aiuto, devo essere visitato per primo non posso continuare ad aspettare sulla sedia, questa è un’emergenza non lo capite?

Arriva il dottore, rigorosamente con mascherina e senza avvicinarsi troppo. Finalmente chiama il mio nome, tocca a me. Finalmente, per favore qualcuno mi curi! Vi prego! Quando si presenta odo subito un accento straniero e storco il naso. Diamine, la pelle sembra chiara come la mia, non riesco a vedere se ha barba o baffi, ma cavolo proprio uno straniero doveva capitarmi? Non parla perfettamente la mia lingua! Ma perché nessuno capisce che io sto male? Tutti quanti sono già contagiati, devo fare un tampone perché ho dolori in tutto il corpo, ma perché mi hanno mandato questo medico straniero? Ecco! Ha starnutito! Lo stesso starnuto che ho sentito prima. Era lui! Vuol dire che è tutto perduto. Devo scappare, fuggire, isolarmi, ma poi chi mi porta da mangiare, e l’aperitivo dove e con chi lo faccio? E le discoteche sono chiuse? Che disperazione, dove la vado a fare la movida adesso? Ahimè, che vita da reietto quella alla quale sono condannato. Ma ora basta, devo sacrificarmi per la patria, uscire da qui.

Il dottor Rossi osserva con aria interrogativa l’individuo dalla sciarpa gialla correre verso l’uscita e volatilizzarsi come se avesse visto un fantasma, o peggio la morte nera in persona. Il naso gli prude ancora per la maledetta allergia, fortunatamente il test di un paio di giorni prima effettuato per scrupolo di coscienza era negativo. Fa del suo meglio per aiutare i pazienti, indossa tutte le protezioni necessarie e i dispositivi adeguati quando si reca a contatto con casi accertati, fa del suo meglio per comprendere e farsi comprendere senza smettere di studiare quasi ogni sera qualche vocabolo nuovo di quella lingua così astrusa. Fa del suo meglio quando deve intubare, prelevare sangue, assicurarsi accessi venosi per pompare medicinali in un corpo già debilitato e danneggiato dalla malattia. Il dottor Rossi abita da solo, vive da solo, fa la spesa da solo, mangia da solo e dorme da solo. I pochi nuovi amici preferiscono tenersi a distanza, di questi tempi, sapete, bisogna essere prudenti.

Dopo un lungo sospiro scrolla le spalle e guarda corrucciato la lista ancora lunga di nomi da chiamare. Il dottor Rossi è allergico ai gatti. Chiama il nome successivo, e fa del suo meglio per sorridere attraverso la mascherina. Almeno dagli occhi, qualcosa può trasparire.


D. (Cercatoredifavole).

👉Soundtrack (“Caroline” – Thunder Jackson)

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Ciottoli.


[Scroll down for the English version]

Sono state le ultime parole che mi hai detto. Durante l’ultima passeggiata insieme a Strasburgo. Avevamo appena finito di litigare, per l’ennesima volta.
« Voglio stare con te. Non voglio che ci lasciamo. » Io non ho risposto, sono rimasto in silenzio mentre continuavo a camminare senza sapere dove mettere le braccia. Pioveva, ricordi? Eppure non avevamo l’ombrello, e nemmeno un cappuccio, e nemmeno le mani l’uno dell’altra. Ti sentivo lontana anche se le nostre spalle si sfioravano, ma toccarti sarebbe stato così doloroso che già lo sforzo di allungarmi verso di te avrebbe disarticolato ogni mia giuntura. Le mie braccia sono rimaste giù come due pezzi rotti che solo tu avresti potuto aggiustare. Non vedi come si bagnano le suole delle scarpe camminando contro la marea? Non c’è isola dove poter naufragare con i resti di ciò che abbiamo.

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Un divano ad angolo.


[ITA] Il divano dell’appartamento nuovo ha la forma di una L. C’è questo pezzo proteso in avanti, un’ala laterale che sembra volersi staccare da tutto il resto e prendere le distanze da un mondo che la incatena a terra. Da lì ho una visuale migliore sul resto della stanza e anche sulla finestra che si affaccia sulla città. È il mio punto preferito dove sostare e sedermi, dove le pareti non mi opprimono perché sono lontane su tutti i lati e dove ho ossigeno sufficiente per far respirare ogni centimetro quadrato di pelle. È una pedana di lancio, un trampolino che, anche solo con una fessura lasciata aperta, permette di saltare fuori, e allo stesso tempo è un’isola, o forse una penisola, che si mantiene lontana e coltiva l’atarassia. È l’intervallo di tempo che intercorre tra due frasi mentre si prende fiato. E lì, allora, in quella virgola, faccio una pausa.

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Qualcuno invece di nessuno (50).


[ITA] Il mio San Valentino inizia con una chiamata poco dopo mezzanotte per una peridurale. Primo figlio, per entrambe. Lei è bionda, mingherlina e con gli occhi chiari. Lei è castana con delle sfumature ramate e occhi scuri, ma mi dice che si è tinta i capelli perché non si sente affatto una bionda naturale. Ho chiesto i loro nomi ma li ho dimenticati dopo un paio di secondi. O forse no, ricordo B., la mamma col pancione che mi guarda speranzosa in attesa che la liberi dalla sofferenza delle contrazioni. L’altra mamma le stringe la mano, incerta sul da farsi ma con il serio intento di proteggerla anche dal dolore che non si conosce.banksy-bristol-san-valentino-2020-foto-murale-640x425

Faccio girare B. sul fianco destro, mentre la compagna le accarezza un braccio e la aiuta a muoversi sul letto. La procedura scorre agevolmente, forse giusto una loss of resistance più profonda di quanto mi aspettassi. Ma dopo un quarto d’ora B. si sente meglio perché la prima dose sta cominciando a fare effetto.
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Tutto invece di niente.


Rockfeller ChristmasSpesso il tempo è la prova del nove dei cambiamenti. Quando qualcosa di nuovo accade, genera una conseguenza che a sua volta mette in moto una risposta di adattamento. Il cambiamento è istantaneo ma ce ne accorgiamo solo grazie al tempo: la decisione di salire su un treno è frutto di un istante ma trascorrono secondi o forse minuti prima di prendere posto e prima che il motore si accenda. A quel punto vedremo dal finestrino che tutto inizia lentamente a muoversi. Capiremo di essere arrivati perché il treno ha arrestato la sua corsa dopo un certo periodo di tempo che è trascorso e ci fa realizzare che siamo altrove. Che il nostro posto è cambiato. Natale arriva solo dopo un anno che è passato. Ed arriva, che ci piaccia o no. La sensazione di essere lontani da casa arriva dopo mesi o anni che non vivi più lì. Arriva, che ci piaccia o no. Read More

È andato tutto bene.


« Ha famiglia, qui? » chiedo con garbo.

Il signore scuote la testa strizzando le palpebre, prima con lieve titubanza e poi con maggior vigore.

« Qualcuno sa che lei è qui in ospedale e subirà tra poco un intervento? »

« Sì… degli amici. » un velo di lacrime gli offusca la vista e nel frattempo annuisco con convinzione come se un cenno affermativo potesse mettere a posto il suo cuore in subbuglio e un presunto e vago amico al corrente del suo problema fosse più che sufficiente. Non indago oltre. Nonostante il suo cognome faccia trasparire origini del sud il suo accento è totalmente neutrale, quasi nella direzione opposta della bussola direi. Read More